Ray Mantilla

Ray Mantilla

È musica molto stimolante, accattivante e, consentitelo, delicata, nella quale troviamo abilmente accostati fermenti sudamericani ed africani in un tutto di grande omogeneità che permea di sé non solo i temi di Mantilla e Martinez, ma anche i brani di derivazione nordamericana
Enzo Fresia, Musica Jazz

«Ray Mantilla capisce il tempo. Sto parlando della giustapposizione di una profonda riverenza per la tradizione e una profonda ricerca di espressioni vitali oggi… e domani. In un certo senso è parlare del futuro in una lingua antica. Ray lo capisce. Una parte importante della comprensione del tempo è la comprensione dello spazio. Lo spazio che Mantilla occupa sia nel genere jazz che in quello latino è di grande importanza. Ray è ugualmente a suo agio con la quinta bemolle e la clave. Capisce che il jazz e la musica latina sono le dita della stessa mano, o se si capisce il tempo, le mani dello stesso orologio».
James Browne, WBGO/Jazz 88

«Inutile dire che l’incontro tra la Space Station di Mantilla e Bobby Watson è fortemente aromatico e di grande vivacità, pur essendo lontano mille miglia dal banale intrattenimento. L’atteggiamento generale tenuto dai musicisti è di grande rigore (basti ascoltare come si inseriscono bene le sortite funky del bassista Ruben Rodriguez, con una carica ritmica che manca ai corrispettivi del rock). L’antesignano di questa musica solare, giova ricordarlo, resta Horace Silver; e non può che rallegrarci che il solco da lui tracciato tanti anni fa ancor oggi sappia produrre frutti entusiasmanti: come questo Dark Powers».
Giuseppe Piacentino, Musica Jazz

«Ray Mantilla capisce il tempo. Sto parlando della giustapposizione di una profonda riverenza per la tradizione e una profonda ricerca di espressioni vitali oggi… e domani. In un certo senso è parlare del futuro in una lingua antica. Ray lo capisce. Una parte importante della comprensione del tempo è la comprensione dello spazio. Lo spazio che Mantilla occupa sia nel genere jazz che in quello latino è di grande importanza. Ray è ugualmente a suo agio con la quinta bemolle e la clave. Capisce che il jazz e la musica latina sono le dita della stessa mano, o se si capisce il tempo, le mani dello stesso orologio».
James Browne, WBGO/Jazz 88

«Inutile dire che l’incontro tra la Space Station di Mantilla e Bobby Watson è fortemente aromatico e di grande vivacità, pur essendo lontano mille miglia dal banale intrattenimento. L’atteggiamento generale tenuto dai musicisti è di grande rigore (basti ascoltare come si inseriscono bene le sortite funky del bassista Ruben Rodriguez, con una carica ritmica che manca ai corrispettivi del rock). L’antesignano di questa musica solare, giova ricordarlo, resta Horace Silver; e non può che rallegrarci che il solco da lui tracciato tanti anni fa ancor oggi sappia produrre frutti entusiasmanti: come questo Dark Powers».
Giuseppe Piacentino, Musica Jazz