Mani Padme Trio

Mani Padme Trio

L’approccio minimalista, unito alle radici latinoamericane, dà vita nel caso del giovane trio Mani Padme a una musica originale, la cui fragilità cattura l’orecchio
Claudio Sessa, Corriere della Sera

«È forse la prima volta nella nostra sezione jazz che si sceglie di assegnare a un esordio assoluto lo spazio d’apertura, solitamente riservato all’album più importante del mese. Ma lo straordinario lavoro del Mani Padme Trio merita l’eccezione. I brani del Mani Padme Trio respirano e comunicano sensazioni che vanno ben oltre il pur encomiabile aspetto jazzistico di ogni singolo episodio». Disco del mese». Um Dia De Chuva/A Rainy Day
Marco Crisostomi, Audioreview

«Ecco un lavoro degno di estrema attenzione. Protagonista un trio nato di recente formato dal pianista cubano Yaniel Matos e dai brasiliani Du Moreira al basso e Riccardo Mosca alla batteria. I tre scandagliano i tratti comuni e le divergenze fra le loro nozioni musicali, tenendosi in disparte dal concetto abusato di latin jazz. Hanno scelto il nome Mani Padme che richiama una cultura lontana. “Om Mani Padme Hum” (significa colui che porta gioielli e loto: ricordate il disco Om di John Coltrane?) è la formula magica più importante del buddismo tibetano. Malgrado questi riferimenti eterogenei e le radici dei suoi componenti, il trio è nettamente Jazzy. Questo primo cd costituisce, come osserva bene Margo Giorgi nelle note di copertina, un esordio straordinario: “Non appena si ascoltano le prime note, l’attenzione viene catturata dalla profondità e dalla poesia che pervadono l’intera incisione”. Di questo album si parlerà molto». Um Dia De Chuva/A Rainy Day
Franco Fayenz, Il Giornale

«Semplicità, ispirazione, sincerità artistica, unite a una registrazione da audiofilo, rendono l’esordio discografico di questo trio assolutamente indimenticabile».
Marco Giorgi, Rockstar

«Per qualsiasi artista, il cui esordio discografico abbia riscosso grandi consensi, il secondo album rappresenta un momento estremamente delicato. Come spesso si sente ripetere da coloro che lavorano nel mondo della musica, “si ha tutta la vita per preparare il primo disco, ma solo una manciata di mesi per realizzare il secondo”. E in quei 12/18 mesi che intercorrono dalla pubblicazione del primo lavoro alla realizzazione del secondo, l’artista è esposto a molti rischi. Deve evitare di cedere alle lusinghe dell’autocompiacimento, deve far sì che gli impegni legati alla promozione discografica e ai concerti non intralcino la sua creatività e, infine, deve trovare anche il tempo e la tranquillità necessari per comporre materiale nuovo e riprendere contatto diretto con la propria ispirazione. In sintesi deve mostrare di essere diventato un professionista vero, sotto l’aspetto della gestione della propria carriera nonché confermare di essere un vero artista, sotto quello più squisitamente musicale. Oltre a ciò bisogna tenere in considerazione che un esordio positivo genera molta aspettativa nel pubblico il quale giudicherà la nuova opera basandosi sull’eco delle sensazioni provate ascoltando la prima. Basta poco, insomma, per far sì che un musicista promettente paghi oltremisura lo scotto di un secondo album meno brillante, diverso o, semplicemente, non perfettamente in linea con le aspettative del pubblico. È questa la situazione in cui si trova il Mani Padme Trio che, dopo il celebrato esordio, giunge al fatidico momento in cui l’ascoltatore diventa giudice inesorabile della nuova produzione. Avendo avuto il privilegio di scrivere le note di copertina e, quindi di avere avuto tutto il tempo di ascoltare con calma Depois (Later), possiamo anticipare all’ascoltatore che le promesse dell’esordio non sono state disattese, anche se l’album non è la fotocopia del precedente. Il trio ha subito un mutamento, cambiando leggermente il suo assetto, con l’ingresso di Zeca Asumpção al contrabbasso e, a seconda delle necessità musicali, in alcuni brani si trasforma addirittura in quartetto grazie alla presenza del flautista e sassofonista Teco Cardoso. A livello musicale il discorso prosegue laddove era stato interrotto e sviluppa ulteriormente le tematiche che emerse in Um Dia De Chuva (A Rainy Day) trovano qui un ulteriore ampliamento e sviluppo. Tutto ciò che aveva entusiasmato nell’album di esordio lo ritroviamo in forma più compiuta e matura in Depois (Later). Ancor più di Um Dia De Chuva, Depois (Later) mostra una notevole coesione interna. I brani che lo compongono non sono solamente delle belle composizioni, ma fanno parte di un unico disegno globale, di un progetto artistico lucido e ben centrato. Yaniel Matos predilige i tempi lenti, ama creare atmosfere sospese, che si sviluppano gradualmente, senza quasi che l’ascoltatore possa rendersene conto. Come accade quando si getta un sasso in uno specchio d’acqua, cerchi concentrici si propagano dal centro alla periferia, apparentemente uguali, ma sempre diversi. Così la musica del Mani Padme Trio si sviluppa senza interruzioni, senza accelerazioni, senza strappi, seguendo un percorso logico e naturale, tanto naturale da sembrare addirittura inevitabile. L’insistenza sulla ripetizione del tema, contraddistinto sempre da una grande melodicità, la variazione lenta e graduale dello stesso che sfocia poi nell’assolo misurato, scarno, essenziale, costruito con una costante interazione con il silenzio e con il respiro dell’ambiente circostante, sono caratteristiche essenziali dello stile del Mani Padme Trio. Oggi, dopo l’ascolto del secondo lavoro, possiamo confermare ciò che Um Dia De Chuva (A Rainy Day) lasciava intuire. Il Mani Padme Trio possiede un suono tipicamente suo, affascinante e inconfondibile, ed è dotato di una personalità ben definita. Quella personalità a cui un grande trio non può fare a meno se vuole tentare di affermare qualcosa di importante nel mondo del jazz di oggi. note di copertina. Depois/Later
Marco Giorgi

«È forse la prima volta nella nostra sezione jazz che si sceglie di assegnare a un esordio assoluto lo spazio d’apertura, solitamente riservato all’album più importante del mese. Ma lo straordinario lavoro del Mani Padme Trio merita l’eccezione. I brani del Mani Padme Trio respirano e comunicano sensazioni che vanno ben oltre il pur encomiabile aspetto jazzistico di ogni singolo episodio». Disco del mese». Um Dia De Chuva/A Rainy Day
Marco Crisostomi, Audioreview

«Ecco un lavoro degno di estrema attenzione. Protagonista un trio nato di recente formato dal pianista cubano Yaniel Matos e dai brasiliani Du Moreira al basso e Riccardo Mosca alla batteria. I tre scandagliano i tratti comuni e le divergenze fra le loro nozioni musicali, tenendosi in disparte dal concetto abusato di latin jazz. Hanno scelto il nome Mani Padme che richiama una cultura lontana. “Om Mani Padme Hum” (significa colui che porta gioielli e loto: ricordate il disco Om di John Coltrane?) è la formula magica più importante del buddismo tibetano. Malgrado questi riferimenti eterogenei e le radici dei suoi componenti, il trio è nettamente Jazzy. Questo primo cd costituisce, come osserva bene Margo Giorgi nelle note di copertina, un esordio straordinario: “Non appena si ascoltano le prime note, l’attenzione viene catturata dalla profondità e dalla poesia che pervadono l’intera incisione”. Di questo album si parlerà molto». Um Dia De Chuva/A Rainy Day
Franco Fayenz, Il Giornale

«Semplicità, ispirazione, sincerità artistica, unite a una registrazione da audiofilo, rendono l’esordio discografico di questo trio assolutamente indimenticabile».
Marco Giorgi, Rockstar

«Per qualsiasi artista, il cui esordio discografico abbia riscosso grandi consensi, il secondo album rappresenta un momento estremamente delicato. Come spesso si sente ripetere da coloro che lavorano nel mondo della musica, “si ha tutta la vita per preparare il primo disco, ma solo una manciata di mesi per realizzare il secondo”. E in quei 12/18 mesi che intercorrono dalla pubblicazione del primo lavoro alla realizzazione del secondo, l’artista è esposto a molti rischi. Deve evitare di cedere alle lusinghe dell’autocompiacimento, deve far sì che gli impegni legati alla promozione discografica e ai concerti non intralcino la sua creatività e, infine, deve trovare anche il tempo e la tranquillità necessari per comporre materiale nuovo e riprendere contatto diretto con la propria ispirazione. In sintesi deve mostrare di essere diventato un professionista vero, sotto l’aspetto della gestione della propria carriera nonché confermare di essere un vero artista, sotto quello più squisitamente musicale. Oltre a ciò bisogna tenere in considerazione che un esordio positivo genera molta aspettativa nel pubblico il quale giudicherà la nuova opera basandosi sull’eco delle sensazioni provate ascoltando la prima. Basta poco, insomma, per far sì che un musicista promettente paghi oltremisura lo scotto di un secondo album meno brillante, diverso o, semplicemente, non perfettamente in linea con le aspettative del pubblico. È questa la situazione in cui si trova il Mani Padme Trio che, dopo il celebrato esordio, giunge al fatidico momento in cui l’ascoltatore diventa giudice inesorabile della nuova produzione. Avendo avuto il privilegio di scrivere le note di copertina e, quindi di avere avuto tutto il tempo di ascoltare con calma Depois (Later), possiamo anticipare all’ascoltatore che le promesse dell’esordio non sono state disattese, anche se l’album non è la fotocopia del precedente. Il trio ha subito un mutamento, cambiando leggermente il suo assetto, con l’ingresso di Zeca Asumpção al contrabbasso e, a seconda delle necessità musicali, in alcuni brani si trasforma addirittura in quartetto grazie alla presenza del flautista e sassofonista Teco Cardoso. A livello musicale il discorso prosegue laddove era stato interrotto e sviluppa ulteriormente le tematiche che emerse in Um Dia De Chuva (A Rainy Day) trovano qui un ulteriore ampliamento e sviluppo. Tutto ciò che aveva entusiasmato nell’album di esordio lo ritroviamo in forma più compiuta e matura in Depois (Later). Ancor più di Um Dia De Chuva, Depois (Later) mostra una notevole coesione interna. I brani che lo compongono non sono solamente delle belle composizioni, ma fanno parte di un unico disegno globale, di un progetto artistico lucido e ben centrato. Yaniel Matos predilige i tempi lenti, ama creare atmosfere sospese, che si sviluppano gradualmente, senza quasi che l’ascoltatore possa rendersene conto. Come accade quando si getta un sasso in uno specchio d’acqua, cerchi concentrici si propagano dal centro alla periferia, apparentemente uguali, ma sempre diversi. Così la musica del Mani Padme Trio si sviluppa senza interruzioni, senza accelerazioni, senza strappi, seguendo un percorso logico e naturale, tanto naturale da sembrare addirittura inevitabile. L’insistenza sulla ripetizione del tema, contraddistinto sempre da una grande melodicità, la variazione lenta e graduale dello stesso che sfocia poi nell’assolo misurato, scarno, essenziale, costruito con una costante interazione con il silenzio e con il respiro dell’ambiente circostante, sono caratteristiche essenziali dello stile del Mani Padme Trio. Oggi, dopo l’ascolto del secondo lavoro, possiamo confermare ciò che Um Dia De Chuva (A Rainy Day) lasciava intuire. Il Mani Padme Trio possiede un suono tipicamente suo, affascinante e inconfondibile, ed è dotato di una personalità ben definita. Quella personalità a cui un grande trio non può fare a meno se vuole tentare di affermare qualcosa di importante nel mondo del jazz di oggi. note di copertina. Depois/Later
Marco Giorgi