Charles Davis

Charles Davis

Quanti, oggi, possono dire di aver suonato con Parker, Lester Young, Dexter Gordon, Max Roach, Roy Eldridge, Cannonball Adderley, Coleman Hawkins, Miles Davis e molti altri illustri monumenti della storia del jazz?
Tony Mancuso, JazzNotice

«Il suo nome, oggi, è sulla bocca di tutti: dei veri appassionati di jazz, gli hipster potremmo dire, e dei musicisti più o meno esperti che hanno avuto la fortuna e il privilegio di frequentare le attività seminariali che egli stesso presiede. Se la memoria non mi tradisce, sono circa venti anni che Harris si dedica alla pedagogia (la sua attività di insegnante copre più del doppio di questo periodo) presso il Jazz Cultural Center. Come fu per molti boppers, compresi Bird e Monk, anche Harris fu coccolato dalla baronessa mecenate Nica Rothschild di Koenisgswater. Questa incisione newyorkese Red Records dal titolo Reflections è non solo appetibile, in quanto genuino e sincero documento del mainstream jazz, ma anche importante, perché contiene una serie di implicazioni e rimandi alla storia di non trascurabile rilevanza. Innanzitutto va sottolineato che il co-leader di questa session è Charles Davis, al sax tenore, il cui contributo all’importanza di questa registrazione è decisamente sostanzioso. Anche per lui potrei fare la medesima premessa-presentazione di Harris. Ha suonato con la Holiday, Dinah Washington, Lionel Hampton, Illinois Jacquet e, nel biennio 1959-60, fu membro regolare della band di Kenny Dorham, nella quale si esibì prevalentemente al baritono (va ricordato che si è distinto anche al sax soprano). La band è composta di veri e propri maestri dello strumento e del linguaggio, non ultimo Ben Riley, il batterista accreditato alla corte di Rollins e di Monk per quasi tutta la seconda metà degli anni Sessanta, e Peter Washington, contrabbassista che viene dagli storici gruppi di Art Blakey. Le composizioni originali e gli standard sono tutti di eccellente livello e pienamente calati nella migliore tradizione del jazz moderno. Credo che per assaporare al meglio questo disco sia interessante ascoltare con attenzione gli Sphere: On Tour e Pumpkins Delight mostrano delle connessioni con il disco di cui si parla che potrebbero sorprendere anche il più smaliziato ascoltatore».
Tony Mancuso, JazzNotice