Cedar Walton

Cedar Walton

Ci sono stati molti dischi di Cedar Walton nel corso degli anni. I tre che lui e il suo trio hanno realizzato durante un concerto di Bologna nel 1985 sono i migliori. Sono tutti da raccomandare ai collezionisti di jazz straight-ahead
Scott Yanow, Allmusic

«Una delle qualità di Cedar Walton è la capacità di mantenere lucidità e relax in ogni situazione nella quale si trovi, controllando lo spazio sonoro con maturità e consapevolezza, sia egli stesso l’autore del progetto, oppure dipenda da altri leader. È naturale che in completa solitudine, nel rapporto esclusivo tra la sua mente e la tastiera, quel relax e quella lucidità abbiano un balzo in avanti, proprio perché liberi di aderire completamente al progetto. Ed è proprio quanto balza evidente in questo Blues For Myself un monologo di grande serenità ma anche di grande pregio interpretativo, con una influenza powelliana che si fa acuta, con quel tocco che diviene sempre più prezioso, tanto allorché offre un punto di vista di celebri brani, quanto al momento di muoversi su proprie composizioni. Qui comunque non è l’incisività di Walton a porsi in primo piano, ma il suo gusto, la scelta delle note, la profondità delle pause, la tensione che riesce a creare dialogando con sé stesso, quel senso di raccoglimento, quasi sacro, che fa muovere le sue dita con feeling e solidità espressiva, con semplicità disarmante e un senso di grande raffinatezza». Blues for Myself
Mario Luzi, Musica Jazz

«Pochi pianisti sanno sapientemente combinare eleganza e corposità sonora, arte d’improvvisare e sensibilità all’accompagnamento. E altrettanto pochi sanno essere eclettici come Cedar Walton. Un trio che pur avendo un leader nominale in Walton – pianista che non tradisce mai, con quel procedere di tipo post-powelliano e il raffinato senso armonico – si nutre dello scintillio persuasivo di Higgins, di quelle inimitabili e leggere respirazioni ritmiche, dell’ariosità del suo beat, così come del sostegno e del pronunciato dialogo di Williams, musicista di continua crescita. Un gran bel trio che rispecchia a meraviglia il continuum jazzistico». The Trio, vol.1
Mario Luzi, Musica Jazz

«Due dischi di Cedar Walton e inevitabilmente si accendono grosse emozioni. Le stesse che si avvertono ogni volta che il suo trio torna a esibirsi in Italia. In effetti, questi due lavori dal vivo, che seguono il primo, ripropongono un repertorio di massima ormai collaudassimo (standard selezionati con grande cura, original di estremo interesse, una intensa rivisitazione di Monk, e una meditata divagazione bossanoviana) completando un trittico di prestigio. E nel contempo rendono pieno merito a un gruppo che – in un campo tanto battuto ma anche tanto particolare quale quello del trio, che deve sempre fare i conti con grandi modelli – sembra proprio non avere rivali. Colpisce soprattutto il suo equilibrio espressivo, propiziato come meglio non si potrebbe da un piano moderatamente spinto e squisitamente poliedrico, sempre originale in ogni in ogni dettaglio armonico, melodico e ritmico; più una percussione ormai assurta ad avere un vero e proprio modello di drumming per formazioni ridotte; più un apporto bassistico pulito, essenziale, fluido. Il trio di Walton, Williams, Higgins offre una musica spingente, curata in ogni minima sfumatura: del resto la fragranza e l’assenza di routine, malgrado la ripetitività del repertorio (non si scivola mai in atmosfere da jam e, tanto meno, da mainstream) testimoniano un impegno molto profondo e sentito. Bisogna proprio tornare al trio di Bud Powell del periodo Blue Note o ai trii di Bill Evans, a parer mio, per trovare dei validi riscontri e dei punti di riferimento. The Trio, vol.2/3
Bruno Schiozzi, Musica Jazz

As sideman

Non ci sono prodotti che corrispondono alla vostra selezione.

Cedar Walton

Ci sono stati molti dischi di Cedar Walton nel corso degli anni. I tre che lui e il suo trio hanno realizzato durante un concerto di Bologna nel 1985 sono i migliori. Sono tutti da raccomandare ai collezionisti di jazz straight-ahead
Scott Yanow, Allmusic

As sideman

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«Una delle qualità di Cedar Walton è la capacità di mantenere lucidità e relax in ogni situazione nella quale si trovi, controllando lo spazio sonoro con maturità e consapevolezza, sia egli stesso l’autore del progetto, oppure dipenda da altri leader. È naturale che in completa solitudine, nel rapporto esclusivo tra la sua mente e la tastiera, quel relax e quella lucidità abbiano un balzo in avanti, proprio perché liberi di aderire completamente al progetto. Ed è proprio quanto balza evidente in questo Blues For Myself un monologo di grande serenità ma anche di grande pregio interpretativo, con una influenza powelliana che si fa acuta, con quel tocco che diviene sempre più prezioso, tanto allorché offre un punto di vista di celebri brani, quanto al momento di muoversi su proprie composizioni. Qui comunque non è l’incisività di Walton a porsi in primo piano, ma il suo gusto, la scelta delle note, la profondità delle pause, la tensione che riesce a creare dialogando con sé stesso, quel senso di raccoglimento, quasi sacro, che fa muovere le sue dita con feeling e solidità espressiva, con semplicità disarmante e un senso di grande raffinatezza». Blues for Myself
Mario Luzi, Musica Jazz

«Pochi pianisti sanno sapientemente combinare eleganza e corposità sonora, arte d’improvvisare e sensibilità all’accompagnamento. E altrettanto pochi sanno essere eclettici come Cedar Walton. Un trio che pur avendo un leader nominale in Walton – pianista che non tradisce mai, con quel procedere di tipo post-powelliano e il raffinato senso armonico – si nutre dello scintillio persuasivo di Higgins, di quelle inimitabili e leggere respirazioni ritmiche, dell’ariosità del suo beat, così come del sostegno e del pronunciato dialogo di Williams, musicista di continua crescita. Un gran bel trio che rispecchia a meraviglia il continuum jazzistico». The Trio, vol.1
Mario Luzi, Musica Jazz

«Due dischi di Cedar Walton e inevitabilmente si accendono grosse emozioni. Le stesse che si avvertono ogni volta che il suo trio torna a esibirsi in Italia. In effetti, questi due lavori dal vivo, che seguono il primo, ripropongono un repertorio di massima ormai collaudassimo (standard selezionati con grande cura, original di estremo interesse, una intensa rivisitazione di Monk, e una meditata divagazione bossanoviana) completando un trittico di prestigio. E nel contempo rendono pieno merito a un gruppo che – in un campo tanto battuto ma anche tanto particolare quale quello del trio, che deve sempre fare i conti con grandi modelli – sembra proprio non avere rivali. Colpisce soprattutto il suo equilibrio espressivo, propiziato come meglio non si potrebbe da un piano moderatamente spinto e squisitamente poliedrico, sempre originale in ogni in ogni dettaglio armonico, melodico e ritmico; più una percussione ormai assurta ad avere un vero e proprio modello di drumming per formazioni ridotte; più un apporto bassistico pulito, essenziale, fluido. Il trio di Walton, Williams, Higgins offre una musica spingente, curata in ogni minima sfumatura: del resto la fragranza e l’assenza di routine, malgrado la ripetitività del repertorio (non si scivola mai in atmosfere da jam e, tanto meno, da mainstream) testimoniano un impegno molto profondo e sentito. Bisogna proprio tornare al trio di Bud Powell del periodo Blue Note o ai trii di Bill Evans, a parer mio, per trovare dei validi riscontri e dei punti di riferimento. The Trio, vol.2/3
Bruno Schiozzi, Musica Jazz